uno, nessuno e centomila
romanzo di luigi pirandello, 1926
vitangelo moscarda, uomo comune, contento della propria condizione.
fino al giorno in cui la moglie, con ignara leggerezza, gli fa notare che il suo naso pende a destra.
egli comprende di non essere quale egli stesso si è veduto, ma di personificare una realtà sfuggente e molteplice, riflessa dagli occhi altrui.
abbandonato dalla moglie, vivendo in un ospizio, si profila per lui la morte civile.
ma vulnerabile ed indifeso, raggiunge una condizione che lo fa rinascere attimo per attimo, senza vane costruzioni. pensare alla morte, pregare, vitangelo non ha più questo bisogno, sempre nuovo e senza ricordi, vivo ed intero, non più in lui, ma in ogni cosa fuori.
la tecnica analitica pirandelliana ha precorso le moderne tendenze narrative, e nasce dal verismo, dal principio dell'impersonalità, dagli interessi per gli ambienti e le figure della piccola borghesia.
ma il vero motivo trainante è la necessità di un'esistenza svincolata dalle imposizioni naturali e sociali, affermando la personalità del singolo.
l'interminabile riflessione di vitangelo, nasce dal presupposto che guardandosi dagli occhi degli altri, ci si vede diversamente da come si crede di essere. e questo riguardo l'aspetto fisico. il turbamento di vitangelo nasce invece dalla considerazione sull'aspetto morale: l'io è infatti sostanzialmente un essere-per-l'altro.
domina però tra gli uomini una certa superficialità riguardo i sentimenti ed i comportamenti. ecco il dramma dell'essere di moscarda: proponendosi di distruggere il vecchio se stesso, che scopre essere concepito diversamente dagli altri, urta inevitabilmente contro la sua immagine di usuraio, e nel tentativo di scrollarsi di dosso il triste attributo, compie atti di sconsiderata generosità, interpretati invece dalla "società" come pura e semplice pazzia, contro i principi di una sana amministrazione della banca ereditata dal padre.
finisce così abbandonato da moglie, colleghi di lavoro - soci d'affari ed amici, in un un ricovero da lui stesso fondato con le sue elargizioni. si disgrega qui la sua personalità. scopre che i giudizi sono sempre parziali e non definitivi, sta a noi ribaltarli. chi crede in verità assolute, si preclude ogni conoscenza superiore.
uno, nessuno e centomila è il romanzo della solitudine dell'uomo.
ma questa sofferenza deriva da una libera scelta di vitangelo, che segue un'etica superiore a quella superficiale della "società", espressa anche nel sentimento di un dio eterno, avvertibile nel respiro della natura.
da un certo punto di vista le filosofie successive a quella di kant, vedono la contrapposizione tra vita e forme/costruzioni, schemi che che cercano di incatenarla. ma la vita, urtandovi contro, dissolve immancabilmente queste costrizioni. l'umanità del mondo pirandelliano, la "società", è invece solo massa inerte, priva di energie, formata di persone affatto pronte alla morte, che non si sentono nemmeno abbastanza vive. infine a contrapporsi alla società c'è la natura, sempre ordinata, felice.
ecco che pirandello può personificare quell'avanguarda del primo novecento che vede l'individuo in una condizione anarchica, che esprime l'angoscia e l'opposizione dell'uomo contro una società decadente e superficiale, superando nel contempo gli schemi ottocenteschi.