.: il transitaggio s'è concluso
E adesso il transitaggio si è concluso.
Presentazione Almeno fino a quando la mia generazione non avrà occupato i posti chiave nelle agenzie deputate alla fabbricazione del canone, dubito che verrà riconosciuto negli ambienti della cultura "alta" il valore letterario del rap in italiano. Una scena, quella hip hop italiana, che ultimamente sta tirando le cuoia, almeno in termini di visibilità mediatica. Ma che comunque, nella quindicina d'anni in cui ha saputo farsi sentire a un pubblico più ampio delle 20 persone della crew di appartenenza e pochi altri, ha prodotto cose, che sono decisamente più interessanti dei versi di Patrizia Valduga o Milo de Angelis, per dire.
Notarella storica Che la scena hip hop italiana stia andando definitavemente a puttane, che si sia vicini al "si salvi chi può", è provato a posteriori dalle defezioni eccellenti di Articolo 31 (Domani smetto, 2002) e Neffa (Arrivi e partenze, 2001); e dal fatto che i rapper più comunicativi e compiuti degli ultimi anni siano stati personaggi defilati rispetto alla logica delle crew (Caparezza e, in parte, Sottotono, che più che defilati, sono stati osteggiati dalla scena delle crew). In tutto questo si può certo attribuire una buona parte di responsabilità alle case discografiche, ma il punto è: a un certo punto, l'hip hop italiano si è involuto in una perenne contemplazione del proprio ombelico di mc, con gente che ripeteva, variando, sempre le stesse cose: siamo forti, siamo cazzuti, siamo massici; lo smì di chance non ve n'ha, fare l'mc è una cosa seria, e così via, lodandosi-imbrodandosi. Sempre meno attenzione veniva posta su temi sociali, politici, o anche solo esistenziali. Di qui l'adozione di un linguaggio non più pianamente denotativo, ma di non un gergo che, per quanto suggestivo, era incomprensibile ai più, fitto com'era di tecnicismi, neologismi, riferimenti culti alla scena. (Dopa? Fotta? Ballotta? Musta? Smì?) Tra i primi ad abusarne, Neffa: l'inconsistenza contenutistica dei suoi due album "solisti" (I Messaggeri della Dopa, 1996, e 107 elementi, 1998, è sotto le orecchie di tutti). Si è assistito all'abbandono generalizzato del rap come strumento per "commentare", "sottotitolare" e financo "ledere" il reale (Frankie Hi-NRG, Faccio la mia cosa, 1993). Il rap ha cessato di essere quel "colpo diretto/ assestato al Sistema dal profondo del ghetto" (sempre Frankie, Potere alla parola, 1994). E più che di cose, si è cominciato a parlare di parole, ingenerando una spirale autoreferenziale e metalinguisticamente nociva, che, anche a causa dell'inconsistenza ideologica di molti mc, non poteva non portare alla desolante situazione attuale, in cui, se non fosse per vitaminic e similia, avremmo il disbandment totale di ogni guaglione dopalistico superstite. Sappiamo tutti che non è la forma-rap, in sé, ad avere stufato il pubblico - Caparezza l'ha dimostrato molto bene con Verità supposte (2003), un album ricco di spunti, riflessioni, cose, magari banali come il dentifricio Paperino's, ma in cui uno ci si può ritrovare, senza dover essere per forza transitato in Zona. Infatti, ciò che ha scoraggiato e allontanato tutti coloro che non erano b-boyz ortodossi, tutti quelli che, cioé, erano ascoltatori occasionali ma competenti, è stata la carenza cronica di contenuti, la perenne reiterazione di moine della serie "noantri vs. the suckaz". E' stato davvero "il principio della fine delle posse". E questo senza negare le doti tecniche dei nostri mc, sempre molto capaci. Tutto questo mi fa e mi ha sempre fatto una gran rabbia, perché io nel 93-94 ascoltavo Strade di città (Articolo 31), Quel sapore particolare (Otierre), Hardaswallow (Radical Stuff), Verba manent (Frankie Hi-NRG), e cazzo se promettevano bene. Promettevano cieli e terra nuova. Ma già un paio d'anni dopo la musica era cambiata, facevano tutti a gara ad autoghettizzarsi in varie "zonedope" e a tirarsi merda tra loro (Kaos vs Articolo 31, Sottotono vs tutti, per dire i casi più famosi). Ne II mondo che non c'è di Chief & Soci (1996) già non si capiva più di cosa parlassero 3/4 buoni delle canzoni. Come se per fruire dell'oggetto estetico in questione, uno avesse dovuto impararsi per bene la geografia delle crew e tutto il loro frasario più l'intero impianto aneddotico di cazzi loro di ripicche e ripicchette e noi-siamo-più-stilosi-vi-facciamo-un-culo-tanto e cose così. Nessuno allora si rendeva conto che così facendo non si sarebbe andati da nessuna parte, in un'operazione che era autolesionismo delle pudenda bello e buono. Giù allora di tecnoletti iniziatici, alla faccia dell'mc "dal linguaggio universale" di cui cantava Zippo in Così Com'è degli Articolo 31 (1996, all'epoca già ampiamente scomunicati da tutti e accusati di selling out). Intanto, gli eterodossi come Frankie, che con La morte dei miracoli (1997) già muoveva verso territori di cantautorato rap, cercavano di svincolarsi dalla logica gruppale, dalle smanie rivendicative e dalle manie di persecuzione che sembravano affliggere i rappettari italiani alla metà dei Novanta. Altri, che pure nella scena erano immersi fino al collo, riuscivano comunque a mantenere un miracoloso equilibrio tra gli obblighi imposti dall'appartenenza alla repubblica degli mc e le urgenze esistenziali e liriche - penso a quel capolavoro assoluto che è Fastidio di Kaos One (1996). Ma ciò che è fatto è fatto. "A Doc vorresti chiedere aiuto/ salire sulla Delorean/ tornare al passato". E tutto quel patrimonio, tutto quel potenziale, appare oggi dissipato malamente.
Analisi Ma chiudo questa parentesi storica e ritorno al succo di queso post: voglio tentare un breve esercizio di analisi su una strofa di rap italiano. Non escludo che in futuro potrei sentirmi di ripetere il tentativo. Il case-test è Rispettane l'aroma, canzone-manifesto (e singolo radiofonico, ai tempi in cui il rap italiano girava ancora in radio) tratta dal secondo album degli Otierre, Dalla Sede (1997). Farò una breve analisi metrico-stilistica dell'attacco della strofa di Esa aka Il Presidente. Esa è uno dei migliori mc che l'Italia abbia mai avuto, e sicuramente è il più capace tra quelli ancora in attività. Ascoltate Quinto potere (2001), secondo LP della sua nuova crew Gente Guasta, e capirete. Nel corso degli anni le doti vocali e respiratorie dell'mc zazzeruto di Varese si sono progressivamente affinate, sia in termini di capienza del flow che di variazione timbrica (spettacolari le parti in stile ragga che ogni tanto si concede). A ciò si aggiunge una grandissima abilità di versificatore, con soluzioni formali di notevole complessità (per esempio nella struttura delle rime), che in Italia solo Frankie e, in misura minore, Caparezza, sanno padroneggiare altrettanto bene (oltre a Polare, altro gran rimatore, anche se decisamente meno carismatico del Presidente. Il pezzo fa così:
L'mc che dichiara guerra aperta, l'infame che diserta, il pezzo di pane, il pezzo di merda, lo stato d'allerta, la tregua, il perditempo che sta inseguendo una cometa, lo stratega, con in mente robe mega.
Che Esa ne fosse consapevole o meno, questa struttura è quella del plazer-enueg della poesia provenzale: la lista di immagini-oggetti (rispettivamente positivi e negativi). L'enumerazione, condotta con il ricorso a un rigoroso asindeto (assecondato e potenziato nell'esecuzione da pause ritmiche enjambanti e enfatizzanti), produce ovviamente un effetto di accumulazione: sono presentate diverse possibilità esistenziali, situazioni, atteggiamenti: in generale si rimanda al modo in cui uno può rapportarsi alla canzone e, in senso più ampio, a tutta l'etica-estetica hip hop a cui essa si salda. Gli elementi elencati sono appaiati in coppie antitetiche. Si aprono e si chiudono con la figura dell'mc: eroica nel primo verso - che è semplicemente memorabile, nella dittologia assonante che lo conclude-; più articolata e obliqua nell'ultimo, dove a essere enfatizzato è il "pensare largo" del fiero b-boy. Il lombardismo "robe" indica indefinitezza e potenziale, subito temprati però dalla concretezza, molto terrena, del termine.
Analisi metrico-prosodica: nel rap i versi sono irregolari, e infatti ciò che conta è la rima, che in questo genere viene esaltata e rivitalizzata come mezzo per legare le parti, più che come suggello alla regolarità del verso. Abbiamo tre rime perfette in ERTA ("aperta", "diserta", "allerta") che rimano imperfettamente (l'imperfezione è minima: sonorizzazione della consonante dentale t) con "merda". A questo gruppo di rime si salda un sistema di assonanze E-A con "guerra" "tregua", "cometa", "stratega" e "mega" (queste ultime a loro volta rimano tra loro, e, imperfettamente con "tregua"). Come è tipico nella struttura del verso rap, si tratta di rime baciate, a breve distanza l'una dall'altra. La legatura rimica tra le parole è stretta (ma decisamente meno marcata nell'esecuzione) anche tra "infame : pane", e "perditempo : inseguendo".
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