sembra l'evocazione di un qualche spirto... allora, sono felice quando qualcuno solleva un qualche problema d'interesse, in questo caso tale francos cosimato a cui va tutta la mia stima. così si fa! ci vuole confronto. quindi, avendo posto un limite ai caratteri per i commenti, mi tocca postare un articolo intero. come al solito chiacchiero sempre troppo. sostanzialmente la sua è una domanda che mi è stata posta innumerevoli volte, riassumibile con la marzulliana: c'è ordine nel caos, o c'è caos nell'ordine? oppure la tautologia: se a è uguale a b, tu dici b, ma io dico a perchè secondo me è diverso. quindi, procedo con la risposta.
anticipo subito che la soluzione è annosa e che spesso si finisce per offendere qualcuno, ma il confronto è anche questo. se uno se la vuole pigliare, che se la tenga.
la soluzione definitiva intende essere la chiusura netta di un capitolo. non conosco il livello a cui gli utenti siano implicati nel fare dell'arte [non di goderne, perchè è una differente posizione], ma bisogna sapere che in ogni creazione, un'artista mette un concentrato di se stesso in quel dato momento storico, una sua istantanea, una specie di backup o di savegame.
ed in più cerca di dare una soluzione il più pesata e pensata possibile [quindi si preoccupa che tutte le cose siano nel posto giusto], in modo da ottenere un prodotto che non necessiti più interventi.
chiude allora il capitolo, perchè generalmente per il resto della sua vita non vorrà rimetterci mano, anche se a volte accade, ed io credo che sia bene anche questo. la soluzione definitiva allora diviene il simbolo di un passo dell'esistenza, della vita interiore di un artista, che conclude una mossa e ne apre una nuova con diversi orizzonti.
quel che dici allora è fondamentalmente corretto. ovviamente non so se la tua ricerca personale ti porta ad approfondire alcune direzioni, però posso affermare che quel che tu chiami "resa alternativa del caos", non sia altro che l'attività ordinatrice della mente umana, teorizzata agli albori della filosofia greca. fare luce e chiarezza sulle infinite combinazioni che può presentare l'esistenza è il pane quotidiano dell'arte e della scienza che, non smetto mai di sottolinearlo, sono la stessa cosa. l'artista quindi prende le complicazioni della sua vita, i suoi crucci, li esamina, li semplifica, e li restituisce al prossimo riordinati in quel che crede essere la loro essenza. di qui la soluzione definitiva. questo è l'unico punto in cui la poesia, che è la più diretta delle arti, non può nulla. ragionando principalmente l'uomo per immagini, è sempre più diretto un simbolismo visivo che un messaggio letterario: entrambi gli strumenti vengono asserviti alla ricerca del nocciolo di ogni questione. la stessa cosa si fa nella scienza: tutto nasce dal caos, ma io direi invece, in una visione evolutiva di tipo organico, che è il caos a nascere dal tutto, proprio perchè prima viene l'uovo, che se ne sta lì, buono buono. ma poi lo sappiamo tutti che, cresciuta, la gallina comincia a far casini a destra e manca e a scagazzare come impazzita.
è l'evoluzione naturale della freccia del tempo che purtroppo sembra esser proprio irreversibile. fin qui comunque posso darti ragione, perchè questa visione organica implica un feedback tra esistenza e caos, e quindi l'uovo oggi o la gallina domani diventa un proverbio perchè è un dilemma a cui nessuno potrà mai dare soluzione definitiva. il problema è invece che la natura si dà un ordinamento già da se, ovvero la natura ha dei motivi validi per sotto i suoi comportamenti.
l'ordine nel cambiamento c'è eccome, perchè tutti i sistemi più complicati si dirigono globalmente ad una particolare soluzione, che è appunto quella di minima energia libera, ovvero maggior ordine. e soprattutto, tutti i sistemi sanno in quale direzione stanno andando, escluso l'uomo. da qui la nostra natura piena di interrogativi. scienza ed arte si dividono allora sul concetto di ordine. la scienza lo afferma, lo assurge a scopo. l'arte lo ripudia, o meglio, tende a sfruttare un disordine ben organizzato. cosa vuol dire: nella scienza si cercano di ridurre ai minimi termini gli apporti della casualità, per ottenere modelli di sistemi e fenomeni il più comprensibili possibile, mantenendo una certa vicinanza alla realtà originaria. nell'arte invece, visto che l'asimmetria è bella quanto l'equilibrio, e visto che ogni caratteristica può rivestire dei significati per chi ne fruisce, si cercano soluzioni che stimolino le corde del cuore, che normalmente non sono quelle che la scienza cerca. ad esempio, lo spettacolo di un'esplosione vulcanica è eccezionale per il cuore, ma non dal punto di vista scientifico, perchè quel che interessa non sono le volute di fumi e polveri nel cielo, la subitanea oscurità, il fragore, che causano un effetto globale di sentimenti di terrore frammisto a stupefazione. alla scienza interessa quel che accade a partire da certe condizioni iniziali verso uno stato finale. il punto in cui si ferma la ricerca sull'arte oggi, quindi non è dire quel che è l'arte, e nemmeno come si fa l'arte, ma da dove nasce. riassumibile con l'interrogativo: c'è qualcosa che valga davvero una vita?
a questo proposito consiglio infatti di leggere l'introduzione ed il capitolo quattro del mio saggetto sui frattali, [frakt lectures v3.57].
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